La tigre con le scarpe da ginnastica

di Emanuela Nava

C'era una volta un serpente con un pessimo carattere. A scuola si rintanava dietro l'ultimo banco. Non rispondeva alla maestra e neanche ai suoi compagni. Non giocava, non scherzava, non andava neppure alle feste di compleanno. Se qualcuno si avvicinava, per fargli una carezza o solo per stringergli la coda, lui minacciava di morsicarlo. Era un serpente molto velenoso e finì che nessuno gli rivolse più la parola per la paura che incuteva. 
I suoi genitori, che invece erano serpenti molto educati e non morsicavano mai niente e nessuno fuori dai pasti, si preoccuparono parecchio. Così portarono il figlio dal dottore. 
Il dottore appena vide il piccolo rettile lo fissò a lungo negli occhi per ipnotizzarlo. Poi gli fece bere brodo di ortica e di aglio orsino per calmarlo. Ma dopo tutte queste cure non ottenne proprio nulla.
Allora i genitori misero il figlio serpente dentro un cesto e andarono a far visita a un fachiro.
"Sappiamo che lei può fare miracoli." dissero, bisbigliando.
Il fachiro, che era un uomo gentile rispose:
"Sì, ripassate domani."
Quindi prese il flauto e iniziò a suonare una musica molto dolce. Ma il serpente dentro il cesto fece di tutto per non ascoltare. Voleva tapparsi le orecchie, ma non aveva le orecchie e neppure le zampe e non sapeva come fare. Allora si arrotolò su se stesso, sibilò di rabbia, sputò, e visto che la musica non si spegneva, ma anzi poteva sentirne le vibrazioni con la pelle e tutto il corpo, diede con la coda un colpo così forte al coperchio, che il cesto si aprì e lui, alzandosi sulle spire, cercò di mordere il musicista. 
Ma il fachiro non si impressionò. Suonò più forte. Prima una melodia lieve, poi un motivetto più rimato. Era un suono brioso che metteva allegria. Un misto di musiche speziate che dava il solletico. Allora il rettile iniziò a ballare, a muoversi a tempo. Si inchinò, si annodò, fece con il corpo un grosso fiocco. Sembrava un gioco. Ballò, piroettò sulla coda. Scoppiò a ridere.
"Vedi." gli disse il fachiro. "I denti non servono solo per morsicare, ma anche per sorridere."

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