Kuri kuri

di Emanuela Nava

Nel Paese non nascevano più bambini.
Ma gli abitanti non se ne accorsero subito.
Le giovani coppie continuavano a sposarsi, sognando neonati grassi e rosa. Nell'attesa del lieto evento, arredavano camere e camerette con tutte le belle cianfrusaglie che trovavano: carillon, fiocchi, stelle fosforescenti, orologi a cucù, palle e decorazioni natalizie anche in estate. Riempivano gli armadi con tutine, pannolini profumati, grembiulini.
Le mogli intanto leggevano manuali e i mariti facevano le prove.
Nel negozio di giocattoli della piazza centrale della città vendevano un bambolotto, femmina o maschio, a scelta, vietato ai minori di diciotto anni. Per acquistarlo ci volevano la carta d'identità e anche le migliori intenzioni: chi lo portava a casa, infatti, doveva impegnarsi per iscritto a seguire le istruzioni contenute nella scatola.
"Come ci si comporta se un lattante strilla in piena notte?" chiedeva la guida.
Gli aspiranti genitori dovevano girare subito una chiave metallica applicata alla schiena della bambola e, mentre il giocattolo iniziava a strillare e ad agitare le braccia e le gambe, l'allieva mamma doveva cullarlo, cantargli una ninna nanna, fargli il gratta gratta dietro le orecchie. Ma se aveva le unghie appena troppo lunghe o la voce rauca o addirittura stonata, il bambolotto continuava a piangere e non si fermava più.
Allora scattava la fase due: l'allievo papà prendeva il pupo in braccio, lo avvolgeva in una coperta e via di corsa, scendeva in strada, saliva in macchina, lo adagiava sul seggiolino posto sul sedile posteriore, e lentamente, guidando piano e senza strappi, faceva dieci volte il giro dell'isolato.
"Portare i neonati in macchina è un metodo infallibile per farli addormentare", recitava il manuale.
Purtroppo quando, ormai sfinito, l'aspirante papà tornava a casa, e, dopo aver percorso quasi trenta chilometri, posteggiava e spegneva il motore, quello si svegliava e ricominciava a strillare furibondo.
Di solito, a quel punto, era la moglie a trovare la soluzione. Girava al contrario la chiavetta posta sulla schiena della bambola e diceva:
-Domani riproveremo, caro, in fondo è solo un giocattolo.
Ma appena andava a letto, la poveretta si agitava, in preda ai più terribili sensi di colpa. “CHIUDERE LA CHIAVETTA NON È CONSENTITO”. Era scritto a caratteri cubitali sul manuale. Chi lo faceva, sottoponeva a gravi rischi il suo bambino.
I bambini hanno bisogno di cure continue, anche se sono brutti, piagnoni e piscioni, diceva l'opuscolo.
E infatti il bambolotto, se non riceveva le attenzioni dovute, avvizziva, si rinsecchiva, cambiava colore. Da roseo diventava prima pallido, poi verdastro. Da paffuto, magro e rugoso. Era un bambolotto, progettato in Giappone, fornito al suo interno di un programma computerizzato così sofisticato, da gettare in una profonda depressione chiunque non fosse riuscito a superare le prove richieste.
Ma spesso anche per i genitori più accaniti, le cose non funzionavano meglio. Il bambolotto ricominciava a strillare e nonostante il ciuccio, il biberon, i baci che, ma mano che il pianto aumentava, si tramutavano in sbuffi, in rimbrotti, in piccoli morsi, non dava nessun segno di volersi calmare. Allora ai morsi seguivano gli strattoni, poi una sonora sculacciata e a un certo punto uno dei due aspiranti genitori apriva la finestra e gettava il bambino, brevetto Japan, giù dal balcone.
Ma anche a chi riusciva con ninna nanne e paroline dolci a far addormentare il figlio virtuale, l'opuscolo non era di grande aiuto. Per diventare genitori c'erano troppe prove da superare. Bisognava prima di tutto avere ben chiaro che i bambini nascono piccoli, ma poi diventano grandi.
-Grandi rompiscatole!- mormorava qualcuno.
E i problemi insieme con loro crescono a dismisura.
Come si fa se un bambino prende la tosse asinina e l'attacca a tutta la famiglia?
E se è il bambino a comportarsi come un asino? Se fa la cacca sul tappeto? O tira i capelli della nonna per vedere se ha la parrucca? Se all'età di otto anni scopre la passworld del computer?
Come ci si comporta: bisogna sgridarlo o lodarlo?
Questioni molte complesse a cui gli aspiranti genitori non sapevano sempre dare una risposta.
Per fortuna la diedero i bambini che aspettavano di nascere e che, da lassù, scrutavano il Paese, per scegliersi una mamma e un papà.
-È deciso, noi non nasceremo in famiglie di tali deficienti!- dissero tutti insieme.
Dal latino DEFICERE, che significa mancare. Mancare d'intuizione, di sensibilità e forse anche di cervello.

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