Dall’India il Respiro dei Bambini del Mondo

IL SASSO (Malawi) Africa

La bambina pensava al maestro come si pensa a un rinoceronte, a un animale con la vista debole e il naso a corno. Le aveva detto che era troppo alta per andare a scuola, che le femmine devono pestare il mais nel mortaio, che i chicchi non si contano e non c’è nessun bisogno di imparare la matematica per sapere che il mortaio deve essere sempre pieno. La sua mamma aveva scosso la testa quando lo aveva udito. – Se sapessi contare, saprei anche moltiplicare il numero delle zuppe che cucino, – aveva detto. La bambina amava gli elefanti, le loro orecchie grandi, la loro forza e la loro dolcezza. Amava osservarli quando giocavano con i piccoli e si rotolavano nell’acqua. O quando intrecciavano le proboscidi come segno d’amore. Lungo la strada che conduceva al pozzo c’era uno stagno. Era uno stagno grande, dove gli animali si fermavano a dissetarsi. Alla bambina piaceva nascondersi tra gli alberi, in una radura alta, e contare le antilopi impala e i kudu dalle lunghe corna. «Uno, due, tre, quattro…» – Come faccio a ricordare ciò che ho visto, se so contare solo fino a dieci? – diceva. Erano tanti gli erbivori che si avvicinavano per bere. I leoni e i leopardi, invece, i predatori che cacciavano al buio, gli animali feroci che la spaventavano, dormivano lontano, nella savana, oltre il villaggio dove abitava. Quel giorno, allo stagno, c’era un rinoceronte. Un solo rinoceronte, enorme e scuro. Beveva, si sdraiava, si rotolava nel fango. Sul dorso, un airone lo liberava con il becco dai parassiti. Stava allegramente a mollo, quando arrivò un piccolo elefante. Si era aperto un varco in mezzo ai cespugli e ora a passi veloci si recava a bere. Appena giunse alla riva immerse la proboscide, e fu allora che il rinoceronte si infuriò. Come poteva un piccolo elefante avvicinarsi a lui, che era così grande e grosso? Fu senz’altro questo che pensò il bestione, quando uscì dall’acqua, con le orecchie dritte e le narici contratte, grugnendo e facendo un verso che sembrava uno squillo di tromba. L’airone era volato via e l’elefantino arretrava terrorizzato. La bambina dall’alto osservava ogni cosa e quale fu la sua felicità quando vide giungere dal bosco due elefanti adulti. – Sono la mamma e la zia, – disse tra sé, e osservò con emozione il piccolo che aveva raggiunto i grandi pachidermi e insieme a loro stava tornando alla riva. Doveva avere molta sete, perché bevve a lungo, mentre il rinoceronte indietreggiava in silenzio a testa bassa e lasciava che i tre elefanti, dopo avere bevuto, si rotolassero nel fango dello stagno come prima aveva fatto lui. Gli elefanti stettero a mollo a lungo, giocando con l’acqua e intrecciando le proboscidi. Quando uscirono dallo stagno e si allontanarono verso il bosco da cui erano venuti, il rinoceronte, che si era nascosto tra i cespugli, uscì dal suo rifugio e si recò di nuovo all’acqua. Fu allora che il piccolo elefante si volse all’improvviso e raccolse un sasso con la proboscide. Era un sasso solo, ma lo lanciò sulla testa del rinoceronte con assoluta precisione. Il rinoceronte era stato molto arrogante con chi era più piccolo di lui, ed era stato molto vile con chi invece lo intimoriva per il coraggio e la mole: fu questo che pensò la bambina. – Un solo sasso, uno solo, – ripeté tornando a casa. Il giorno dopo andò dal maestro e disse: – Voglio venire a scuola. Disse solo queste quattro parole, pesanti e precise come un sasso ben lanciato. Al maestro con lo sguardo basso che ripeteva che la scuola era già affollata, che occorreva dare la precedenza ai maschi, che lei era troppo grande per iniziare a imparare, rispose solo con il silenzio. Dietro di lei c’erano tutte le donne del villaggio, quelle che non erano mai andate a scuola. Recavano con sé le pentole vuote dove ogni giorno cuocevano il mais. Dissero che non avrebbero cucinato più nulla se le loro figlie non avessero potuto imparare a contare. Erano tante le mamme e le zie che l’avevano accompagnata. «Hanno lo stesso coraggio e la stessa forza delle elefantesse dello stagno» pensò la bambina.

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